Nel mese di Novembre è stata presentata a Roma la Proposta di Legge per il riconoscimento di vulvodinia e neuropatia del pudendo come malattie croniche e invalidanti. La presentazione è avvenuta per mezzo di un convegno dal titolo: “Vulvodinia e neuropatia del pudendo: un dolore senza voce” che ha coinvolto associazioni di pazienti, istituzioni e professionisti sanitari.
La vulvodinia è una sindrome cronica, dolorosa fino a risultare invalidante, che include una pluralità di condizioni cliniche e che comporta l’infiammazione delle terminazioni nervose dell’area vulvo-vaginale e pelvica. La natura di questa area corporea, dove sono presenti muscoli, fasce, vasi sanguigni e nervi, fa sì che l’infiammazione cronica vada ad influenzare la regolazione del sistema dolorifico locale, alimentando il dolore percepito, e aumentando il numero di fibre nervose coinvolte. Il sintomo principale della malattia è il dolore persistente, ma comprende anche fastidio perenne, bruciore, prurito, formicolio, sensazioni di scosse o fitte, peso vescicale, dolore ai rapporti. Uno studio americano ha rilevato come il 16-18% delle donne sperimenti sintomi riconducibili a quelli della vulvodinia nell’arco della propria vita, anche se secondo gli esperti questo dato sarebbe sottostimato.
La neuropatia del pudendo, invece, è una sindrome caratterizzata da dolore cronico localizzato al perineo, nelle zone del corpo innervate dal nervo pudendo, un nervo appartente al sistema nervoso periferico, che innerva i genitali esterni, il perineo e la regione anale. Questa sindrome riguarda il 4% dei pazienti che soffrono di dolore pelvico, con un’incidenza doppia nelle donne rispetto agli uomini (7 donne ogni 3 uomini).
Le cause sarebbero multifattoriali, si riconoscono infatti diversi fattori patogenetici che concorrono alla vulvodinia o alla neuropatia del pudendo, come le infezioni genitali ricorrenti, le disfunzioni del pavimento pelvico, traumi che hanno lesionato direttamente i nervi, o l’endometriosi. Le donne affette da vulvodinia presentano frequentemente comorbidità con altre patologie infiammatorie croniche come l’endometriosi, la fibromialgia, la sindrome del colon irritabile e la cistite interstiziale.
La diagnosi va dai 4 agli 8 anni di media, in cui le pazienti riferiscono di essere state curate per altri disturbi come cistiti o candidosi, o di non essersi sentite prese in cura se non addirittura prese sul serio. Si stima inoltre che le donne consultino almeno 3 specialisti prima di arrivare ad una diagnosi: le cause sono da far risalire alla scarsa conoscenza del personale sanitario, rispetto alla malattia, ma anche alla normalizzazione del dolore femminile che, come succede per altre malattie di genere come l’endometriosi, alimenta e favorisce il ritardo diagnostico.
Oggi, sono ancora pochi gli specialisti in Italia che si occupano della vulvodinia, si tratta infatti di una patologia che è entrata piuttosto recentemente nel nostro linguaggio, e molte pazienti riferiscono di essere ricorse ad autodiagnosi o di aver trovato conforto nei gruppi che si sono costituiti sui Social Network.
L’urgenza di un cambiamento sostanziale in campo diagnostico e terapeutico rispetto all’approccio al dolore femminile è ancora un tema oltremodo sottostimato e poco raccontato. Numerosi fattori concorrono a normalizzare le differenze di genere nel dolore, sia da parte del personale sanitario che da parte delle stesse pazienti. Il dolore viene considerato normale, sopportabile, eccessivo da raccontare e questo ritarda esponenzialmente i tempi diagnostici. Numerose pubblicazioni scientifiche avvalorano questa tesi, eppure ancora oggi l’interpretazione dei sintomi femminili è evidentemente contaminata da un retaggio culturale che ritiene ancora normale la sofferenza femminile, e che quindi non mette in campo strategie istituzionali per la tutela delle pazienti nell’ambito lavorativo e sociale.
Sebbene la Vulvodinia e la Neuropatia del pudendo risultino frequentemente invalidanti, queste malattie non sono ancora state riconosciute dal Servizio Sanitario Nazionale, pertanto le spese mediche sono interamente a carico delle pazienti, anche quelle per i farmaci. Si stima che una donna affetta da vulvodinia o sindrome vulvovestibolare cronica arrivi a spendere dai 20.000 ai 50.000 euro, e che tali spese siano spesso insostenibili per molte donne, minando l’aderenza terapeutica e costringendole a rinunciare alle cure.
Ora c’è una proposta di legge. Anzi 2.
Facendo qualche ricerca si legge che ad Aprile 2021, per iniziativa di alcuni deputati (SCANU, CADEDDU, DE CARLO, MENGA, PENNA, SEGNERI, TORTO), è stata presentata una Proposta di legge per il riconoscimento della Vulvodinia come malattia in validante (Disposizioni per il riconoscimento della vulvodinia come malattia invalidante nonché per la diagnosi e la cura di essa e delle patologie del pavimento pelvico). La proposta di Aprile, sebbene piuttosto articolata, non ha completato l’iter legislativo.
Quella presentata il mese scorso riguarda invece Il Riconoscimento di vulvodinia e neuropatia del pudendo come malattie croniche e invalidanti. Silvia Carabelli, attivista e redattrice della proposta, spiega che il nuovo testo è stato formulata da un Comitato che raccoglie 6 associazioni italiane che si occupano di queste sindromi, da pazienti e da professionisti. È una proposta “dal basso” che mira a colmare lacune istituzionali rispondendo ai bisogno manifestati dalle pazienti. La proposta si compone di 15 articoli che vanno a richiedere:
- Il riconoscimento di vulvodinia e neuropatia del pudendo quali malattie croniche e invalidanti, ovvero patologie che danno diritto all’esenzione dalla partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie.
- Una Commissione nazionale per la vulvodinia e la neuropatia del pudendo.
- L’istituzione di almeno un presidio sanitario pubblico specializzato per ogni regione d’Italia, dedicato alla diagnosi e alla cura della vulvodinia e della neuropatia del pudendo, in grado di assicurare una presa in carico multidisciplinare delle e dei pazienti.
- Un registro nazionale di vulvodinia e neuropatia del pudendo per la raccolta e l’analisi dei dati statistici, clinici e sociali riferiti a tali sindromi.
- Un’ adeguata formazione e aggiornamento del personale sanitario.
- La promozione di studi e ricerche su vulvodinia e neuropatia del pudendo.
- Il diritto al lavoro per le persone affette da vulvodinia e neuropatia del pudendo.
- Il diritto allo studio per le persone che soffrono delle due sindromi.
- La prevenzione primaria nelle scuole.
- Un pass di disabilità dinamica per chi soffre di vulvodinia e neuropatia del pudendo.
- L’Istituzione della Giornata nazionale per la vulvodinia e la neuropatia del pudendo.
- La promozione di campagne di informazione e sensibilizzazione.
La proposta ha visto il coinvolgimento delle associazioni Cistite.info, AIV- Associazione Italiana Vulvodinia Onlus, AINPU Onlus – Associazione Italiana Neuropatia del Pudendo, Casa Maternità Prima Luce – progetto Gruppo Aiuto Vulvodinia, Associazione Vulvodiniapuntoinfo Onlus e Associazione VIVA – Vincere Insieme la Vulvodinia, e la testimonianza della modella Giorgia Soleri.
L’iter è ancora lungo, e i tempi della politica non sempre coincidono con quelli delle pazienti. Ma a questa proposta, questo Comitato, va il merito di aver infranto molti tabù, e di aver puntato i riflettori sulle soluzioni, oltre che sui problemi, di una patologia di cui sarebbe bene parlare molto di più.
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