La petizione è partita da Reggio Emilia nel mese di marzo.
Nel 2021 la prevalenza globale dell’endometriosi in Italia è stimata dal ministero della Salute in circa tre milioni di donne in età riproduttiva; in Emilia-Romagna la percentuale delle persone di sesso femminile residenti, in età compresa tra i 18 e i 50 anni, affette da endometriosi conclamata è intorno al 25% (150.000 circa).
Sabato 12 Marzo ha preso il via a Reggio Emilia la campagna ENDOMETRIOSI: FIRMA ADESSO! la prima petizione per richiedere misure di tutela per le persone affette da endometriosi, una malattia cronica che colpisce 1 donna su 7 in età riproduttiva, e che ha la capacità di impattare in modo negativo sulla vita delle giovani in termini di qualità di vita personale e lavorativa, rischio di ospedalizzazione, danni permanenti, e di infertilità.
L’obiettivo della petizione è quello di riuscire a garantire alle pazienti diritti sociali come quello alla salute, al lavoro e alla cura, promuovendo pratiche di sostegno rivolte alle donne affette da questa patologia e favorire la formazione in ambito medico sulla diagnosi precoce e sulla qualità delle cure.
Il comitato ‘Endometriosi: firma adesso’, lunedì pomeriggio in Regione, a Bologna, ha incontrato il presidente Stefano Bonaccini per consegnare le 4 mila firme di adesione da parte di cittadini emiliano-romagnoli raccolte in appena due mesi di campagna. Presente in Sala Giunta anche la vicepresidente Elly Schlein.
La campagna è partita da Reggio Emilia, prima città italiana a scendere in campo e ha raggiunto in poche settimane un ampio numero di adesioni in tutta la Regione.
“E’ importante tenere alta l’attenzione su una patologia invalidante e dolorosa, che purtroppo segna la vita di tante donne, dall’adolescenza all’età matura- afferma il presidente Bonaccini-. In Emilia-Romagna molto già si fa, grazie a una rete che garantisce la presa in carico precoce e la gestione multidisciplinare delle pazienti, ma è giusto rafforzare ancora l’impegno, anche grazie al prezioso supporto del mondo associativo che ben conosce problemi ed esigenze delle donne colpite da questa malattia”.
“Si tratta di una iniziativa nata dal basso, attraverso la quale i cittadini stessi possono stimolare le istituzioni a prendere coscienza di questo tema- sottolinea la portavoce e promotrice della petizione, Sara Beltrami-. Nell’incontro di oggi abbiamo richiesto un impegno concreto su tre punti:
1. sensibilizzazione sul territorio regionale nel mese dedicato alla consapevolezza sull’endometriosi,
2. rafforzamento della rete regionale diagnostico-terapeutica e formazione degli operatori sanitari,
3. gratuità delle terapie ormonali essenziali”. A breve l’incontro con l’assessore alle politiche per la salute.





La petizione fornisce strumenti volti a favorire l’implementazione di nuove politiche sanitarie basate sull’evidenza scientifica. Il comitato ha già visto approvare a Reggio Emilia, la stessa mozione di iniziativa popolare, che impegna il Comune di Reggio Emilia in alcune misure territoriali sull’endometriosi, e che prevede una segnalazione al Ministero della Salute, e alle commissioni preposte in Senato e Regione Emilia Romagna al fine di ottenere un cambiamento sistemico e legislativo espresso dagli stessi cittadini attraverso la firma.
L’endometriosi rappresenta la prima causa di dolore pelvico cronico in donne in età fertile, eppure oggi le pazienti che ne sono affette non hanno tutele sul posto di lavoro né un’esenzione ticket per i costi di terapie e visite. Una condizione inasprita dalla pandemia, che ha visto 1 donna su 2 peggiorare la propria situazione economica, riducendo così la propria capacità di cura e di spesa per la cura.
Il tempo medio per la diagnosi varia è di circa 9 anni, e Secondo il Ministero della Salute in Italia sono affette da endometriosi il 10-15% delle donne in età riproduttiva; la patologia interessa il 30-50% delle donne non fertili o che hanno difficoltà a concepire.
La Comunità europea ha stimato che la cronicità dell’endometriosi comporta una spesa sociale annuale di 30 miliardi di euro in Europa, di cui il 75% è attribuibile a congedi malattia; per l’Italia, secondo la stessa fonte, i costi ammontano complessivamente a 6 miliardi, di cui 33 milioni di euro per giornate lavorative perse, 126 milioni per le cure farmacologiche e 54 milioni per il trattamento chirurgico.