Il Sistema sanitario come lo conosciamo oggi nasce nel 1978 con lo scopo di garantire universalità, uguaglianza ed equità assistenziale. Un affascinante esempio di come le politiche possano entrare nella vita delle persone e fare la differenza. Forse questo esempio è quanto di più democratico esista perchè riguarda, appunto, la salute.
Sebbene oggi sia più corretto parlare “delle Sanità” e non “della Sanità” considerato l’imponente divario tra alcune regioni virtuose del Nord Italia, ed il centro-sud, vorrei darvi alcuni dati:
L’ Italia contava 5090 posti letto in terapia intensiva fino a pochi giorni fa. La Germania ad esempio, 28.000. Secondo i dati Ocse, nel 2017 l’Italia poteva contare su 2,6 posti letto ogni 1.000 abitanti, classificandosi al 19° posto su 23 paesi europei. Praticamente tra i fanalini di coda d’Europa. Negli ultimi 10 anni sono stati tagliati 25mila posti letto ospedalieri. (fonti OCSE, Euronews).
Lo ripeto casomai vi fosse sfuggito: 25.000.
Questo ovviamente è solo un dato saltato agli occhi di tutti per la recente emergenza Coronavirus, ma il problema dei tagli alla Sanità non è nuovo agli addetti ai lavori.
Ricordate ad esempio la questione della carenza di medici in Italia emersa lo scorso anno? un problema complesso ma, in poche parole, per come è strutturato il percorso di formazione dei medici italiani, sia specialisti che di famiglia, non ce ne saranno a sufficienza per rimpiazzare quelli che andranno in pensione nei prossimi anni. I sindacati e le associazioni di categoria lo segnalano da anni, ma le prime conseguenze furono visibili lo scorso anno, quando alcune regioni italiane autorizzarono assunzioni a tempo determinato di medici in pensione per sopperire alla mancanza di personale.
Il The Lancet, pubblicazione a vocazione scientifica, lo scorso anno ha pubblicato un articolo di un medico italiano, che metteva sotto accusa la gestione della sanità nel nostro paese: “L’Italia non è un Paese attraente in cui lavorare. Le condizioni sono inadeguate, c’è una scarsa stabilità e crescita, con poche prospettive di fare carriera e gli stipendi sono bassi“.
La fondazione GIMBE al contempo denunciava da tempo un taglio di 28 miliardi in 10 anni, mentre il fabbisogno continuava a crescere.
E non se la passano meglio gli infermieri: lo scorso anno il sindacato Nursing Up denunciava la perdita di personale e soprattutto di infermieri, la cui emorragia di 12mila unità nel SSN sarebbe la più alta in assoluto. “Parliamo di personale mortificato dal trattamento economico inadeguato, demotivato dallo scarso riconoscimento professionale e persino precarizzato dall’ultimo Ccnl.”
Ogni governo metteva mano a sanità ed istruzione, restituendo qualche legge a costo zero, senza budget, e noi tutti, siamo stati a guardare, sperando nel buon senso della nostra regione di appartenenza.
Semplicemente non era una nostra priorità, dai ammettiamolo.
Forse anche perchè quando una cosa non si paga, almeno non direttamente ad esempio attraverso costose assicurazioni, la si da un po’ per scontata.
Nonostante questi tagli la classifica di Bloomberg di un paio di anni fa, collocava l’Italia al secondo posto in Europa e al quarto nel mondo per cure sanitarie alla popolazione. (Verrebbe da dire che ha dell’incredibile!)
Da cittadini credo che dovremmo rivedere le nostre priorità e salvaguardare il nostro prezioso sistema sanitario ed i suoi valorosi operatori.
Dovremmo inoltre prendere atto degli effetti e dell’impatto che il volontariato ha sul sistema sanitario; Lo vediamo in questi giorni con il silenzioso ma instancabile lavoro di tanti volontari Croce Rossa, ad esempio, che come sempre poi si rimettono i vestiti e magari ritornano in ufficio la mattina, con tutte le preoccupazioni del caso.
Il volontariato italiano in ambito sanitario, è sempre più spesso orientato a colmare gap istituzionali, il più delle volte senza però essere davvero riconosciuto o coinvolto.
Per questi motivi la partecipazione delle associazioni all’interno delle politiche sanitarie dovrebbe cessare di essere opinabile o attivabile a convenienza; ricerche pubblicate in letteratura indicano peraltro che la presenza di non professionisti nelle sedi in cui si discute di salute e sanità non solo arricchisce quanto prodotto, ma porta una visione nuova e diversa dei problemi, spesso trascurata dai decisori politici.
Sta anche a noi, pazienti e cittadini, decidere che tutto questo cambi, anche per non perdere, in un’ottica futura, eccellenze italiane attratte all’estero da condizioni lavorative ed economiche più favorevoli.
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